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| Esperienze e racconti

La storia di Beatrice e Marco e la nascita di GFB

2003 PRIMA DIAGNOSI PARZIALE

Tutto è iniziato nel 2003 quando è arrivata la diagnosi della malattia del nostro secondo figlio . Una diagnosi  parziale di Distrofia dei cingoli per deficit di Sarcoglicano,  ci dissero che ne esistevano 3 tipi e servivano altre indagini.  Ero incinta di 7 mesi del mio quarto figlio che dopo un mese è nato, un bellissimo bambino apparentemente, ma anche lui malato, si vedeva da un prelievo di sangue, ma non c’erano sintomi e così abbiamo deciso che questa brutta notizia non doveva uscire di casa e ce la siamo tenuta segreta per 6 anni.

Dopo la diagnosi non avevamo ben chiara la tipologia di questa malattia, ci avevano detto che da adulti questi bambini di solito non riescono a fare le scale, però i medici avevano anche aggiunto che non potevano dire nulla su come i nostri figli sarebbero stati dopo vent’anni, perché la patologia si evolveva in modo diverso a seconda dei soggetti. Tra un ricovero e l’altro io e mio marito ci sentivamo soli, alle volte la solitudine durava più di un anno.

IL VUOTO

La nostra famiglia si è trovata quindi a brancolare nel buio, come accade a tanti che incontrano sul loro cammino una di queste patologie rare e sconosciute.  Non si sapeva molto di questa malattia, dei sintomi che avrebbe comportato negli anni a venire, l’unica certezza che ci sarebbero stati dei peggioramenti. Non sapevamo a chi chiedere, quando lo facevamo con qualcuno ci accorgevamo che non conoscevano questo nome. Anch’io francamente non immaginavo che esistevano malattie così sconosciute.

LA RICERCA DI INFORMAZIONI

Nel frattempo non ci siamo accontentati di ciò che ci avevano detto in ospedale e abbiamo cambiato strategia, abbiamo cercato di capire di cosa si trattava su internet , ore, giorni settimane di indagini e raccolta dati, ma anche qui non riuscivamo a trovare nulla di interessante per noi.

Siamo dunque passati ad un’altra strategia, infiltrandoci  in tutte le associazioni di distrofia muscolare in Italia e all’estero . Abbiamo partecipato a molti congressi sul tema  e continuavamo a studiare e a raccogliere informazioni di ogni tipo, ma sempre poche sulla nostra malattia e molte sulle altre.

2007 LA DIAGNOSI DEFINITIVA

Finalmente dopo quattro anni di pellegrinaggio in vari ospedali e continue richieste arriva la diagnosi completa, è una distrofia dei cingoli LGMD2E. Finalmente sappiamo esattamente dove cercare.  Dopo un anno, frequentando le associazioni di pazienti , riusciamo anche a conoscere un’altra famiglia, la prima, che ha una distrofia dei cingoli come la nostra. Sono passati 5 anni dalla diagnosi, la stiamo cercando da 5 anni, abbiamo sempre chiesto  “ma tu che distrofia muscolare hai?” e adesso finalmente la risposta che volevamo: LGMD2E, finalmente conosciamo qualcuno con cui ci possiamo confrontare e parlare della stessa “cosa”.

LA VITA NELLE ASSOCIAZIONI DI PAZIENTI

Nelle associazioni abbiamo cominciato ad acquistare una maggior consapevolezza del cammino che avevamo difronte, a conoscere le problematiche relative alla gestione dei nostri figli e alle strategie per superarle. Qui devo dire che è stato fondamentale per noi il confronto con altri genitori.

Dalla partecipazione al mondo delle associazioni di pazienti ci rendiamo conto che non basta informarsi e chiedere, ma occorre darsi da fare in prima persona, diventare esperti ed attivi, smettere di essere semplicemente genitori. Dal 2007 al 2010 io e mio marito abbiamo coordinato la campagna di raccolta fondi in provincia di Sondrio per la ricerca sulla distrofia muscolare per due associazioni di Distrofia Muscolare e abbiamo seguito un progetto di ricerca al San Raffaele di Milano, che utilizzava le cellule staminali per le distrofie muscolari, che però non è andato a buon fine.

2010  LA DELUSIONE

Frequentando le associazioni di pazienti non abbiamo comunque trovato quello che cercavamo, ne informazioni precise sulla nostra malattia, ne un progetto di ricerca mirato a trovare una cura per noi. Egoismo il nostro? Pensare sempre a noi?  Un po’ demoralizzati abbiamo capito che vengono finanziati progetti di ricerca solo sulle forme più diffuse di distrofia muscolare. Non era il nostro caso. Le distrofie dei cingoli, tra cui le beta-sarcoglicanopatie, sono state scoperte da pochi anni,  i casi sono rari tra le malattie rare e non ci sono investimenti e ricerche su di loro. Un periodo nero, siamo demoralizzati anche da un altro evento, la perdita della deambulazione del nostro secondo figlio, dopo soli 7 anni dalla diagnosi. Ora la malattia non è più nascosta, ma è ben visibile purtroppo, la speranza svanisce.

In quel momento serviva qualcosa di diverso, una risposta precisa, qualcosa che ci desse la carica per continuare, la risposta era un'associazione specifica per la LGMD2E, perché non esisteva nessuna associazione focalizzata su questa malattia, ne in Italia, ne all’estero. Un’associazione  per mettere insieme tutti quelli, seppur pochi, interessati a questa rara distrofia, un gruppo che si occupasse della malattia. E oggi, dopo 9 anni, abbiamo superato i 400 pazienti nel gruppo GFB.

LA STRATEGIA VIRTUALE

Così, nel 2010 abbiamo di nuovo cambiato strategia, siamo passati da un lavoro concreto sul territorio di raccolta fondi e sostegno ad altre grandi associazioni, ad un lavoro virtuale, più mirato, con internet e i social network.  In primo luogo è stato creato il sito www.gfbonlus.it, poi  i profili facebook e twitter.  Una mia collega di lavoro mi aveva suggerito come fare, anche suo figlio aveva una malattia rara e le informazioni e i gruppi  di pazienti stavano su facebook, bisognava  andare a prenderli. Grazie ai social network siamo entrati in un nuovo mondo e abbiamo superato i confini geografici della regione, dell’italia, della lingua italiana. Per fortuna esistono i traduttori automatici. I nostri figli ci hanno fatto fare cose che non ci sognavamo, viaggiare in ogni angolo del pianeta, guidare ovunque e qualsiasi mezzo, riprendere lo studio dell’inglese e molte altre cose. I nostri figli hanno fatto uscire  tanta forza, che non sapevamo di avere.

VERSO UN ALTRO MONDO

Fino al 2013 abbiamo lavorato in modo virtuale e siamo entrati in contatto con molte altre famiglie italiane e straniere. Una famiglia di queste ci ha aperto la porta verso  un altro mondo, la porta della terapia genica.

2012 IL PROGETTO DI TERAPIA GENICA

Grazie a questa famiglia, conosciuta tramite il nostro sito internet, nel 2012 abbiamo cominciato a finanziare un progetto di terapia genica in America, condotto dal professor Jerry Mendell al Nationwide Children’s Hospital di Columbus, Ohio. L’obiettivo del progetto era trovare una cura per la nostra LGMD2E. Siamo partiti dal nulla e senza soldi, con fondi messi a disposizione dalle famiglie. Per seguire il progetto ci siamo creati una commissione medico scientifica del GFB Onlus e la nostra fortuna è stata di trovare due ricercatori che lavoravano all’estero, fuori dai soliti schemi italiani che conoscevamo. Questi  ricercatori ci hanno aperto gli occhi e resi consapevoli di quello che stavamo facendo, spiegandoci bene le tappe del progetto. Ormai  riuscivamo a pensare solo a questo progetto, tutto il resto era diventato secondario.

2013  LA REGISTRAZIONE DELLO STATUTO

A questo punto non era più possibile continuare ad operare in modo informale, bisognava registrare il Gruppo con uno statuto preciso, per compiere i passi successivi. Nel 2013 abbiamo così costituito l’associazione Gruppo Familiari Beta-Sarcoglicanopatie onlus, detta GFB Onlus. Una scelta difficile,  meditata nei 3 anni precedenti, col rischio di isolarsi e rimanere soli, fuori dalle altre associazioni.  Cosa fare? Rimanere nel mucchio e accettare quello che passa il convento, o partire verso nuove strade?  Io e mio marito abbiamo scelto la seconda soluzione e da allora, fungiamo da presidente e vicepresidente,  la gestione del GFB  è tutta nelle nostre mani. Per noi era la  prima esperienza di questo tipo, che non potevamo proprio immaginare prima, era impensabile nel nostro ambiente una situazione del genere, ma abbiamo accettato la sfida.

L’associazione diventa subito operativa e direi che qui  finisce la fase esclusivamente virtuale. Si organizza un congresso scientifico  internazionale a Milano  e si avvia una raccolta fondi per GFB Onlus.  Nel frattempo continuano i finanziamenti al progetto di terapia genica. Fino al 2015 stiamo però un po’ tranquilli, in quanto troppo  impegnati negli adempimenti  formali di dover gestire un’associazione e a fatica organizziamo da soli  i primi eventi di raccolta fondi.

2015  ESPLODE LA RICERCA FINANZIATA DAL GFB

Nel 2015 arrivano i primi riconoscimenti importanti per il GFB Onlus. Vengono pubblicati  in due riviste scientifiche i risultati preclinici sul progetto di terapia genica finanziato dal GFB a Columbus. Nelle pubblicazioni c’è scritto chiaramente che l’unico finanziatore è GFB Onlus. L’associazione ha investito in questo progetto oltre 1.300.000 dollari. A questo punto il GFB  si rafforza e prende coraggio, esce dal guscio e decide di comunicare per la prima volta che ha finanziato il progetto a Columbus e che i risultati sono molto positivi. L’associazione è ad una svolta.

Arrivano grosse donazioni all’associazione e per questo motivo ora serve un revisore legale dei conti. Cambia la gestione dell’associazione, non viene più gestita in modo familiare come nei due anni precedenti, ma  d’ora in poi, si affida a dei professionisti. Alla guida dell’associazione rimaniamo costantemente sempre io e mio marito, fino ad oggi. Però vengono inserite anche altre figure per supportarci: un giornalista per la comunicazione dei risultati, un commercialista per la contabilità, istituti bancari del no profit, figure specifiche per la raccolta fondi .  Per la prima volta mi ritrovo a fare  bonifici da 200.000 dollari, mai visto tanti soldi tutti insieme.

In questa fase dobbiamo prendere una decisione difficile, ma necessaria. Decidiamo a malincuore  di abbandonare per un po’ di tempo  le iniziative ricreative per i disabili, camminate, gite, ritrovi e l’associazione converge esclusivamente sul progetto di terapia genica. D’ora in poi si concentra solo su quello.

2017   NON PIU’ SOLI

Dal 2010 in poi il GFB si è sentito un po’ solo, va avanti con le proprie forze, lavorando giorno e notte, non trova altre collaborazioni in Italia, come sperava o forse si era illuso, pare che il progetto non interessi a nessuno. La solitudine del GFB lo rende debole, incapace di continuare a sostenere il progetto, seppur molto promettente.  Per cui l’associazione guarda oltre oceano, in cerca di altre collaborazioni e nasce la società Myonexus Therapeutics. Il GFB è l’unico ente europeo presente in Myonexus, ma per la prima volta non è più solo e si rafforza ulteriormente. Con lui ci sono altre fondazioni americane di pazienti con malattie affini e anche altri investitori. Avere una “Famiglia” in America è comunque una sicurezza e una garanzia per tutto il gruppo.

Per entrare in Myonexus il  GFB  è costretto ad aprire il prestito Terzo Valore di 200.000 € . Una mossa molto azzardata, ad alto rischio, che però trova molto riscontro e partecipazione, al punto che GFB riceve ancora molte altre donazioni.

2018  ACCORDO CON LA CASA FARMACEUTICA

Alla fine del 2017 il Dr. Mendell, che segue il nostro progetto, pubblica i risultati di un altro progetto simile al nostro, sulla rivista scientifica più prestigiosa del modo. Arrivano molti investitori sulla terapia genica e arriva qualcuno anche per il nostro progetto. La società Sarepta firma un importante accordo con Myonexus e cominciano i primi investimenti per il trattamento dei pazienti.

Sono passati 3 anni dal 2015, anno in cui sono stati pubblicati i risultati della fase preclinica, ma non sono ancora partiti i trattamenti sui primi pazienti con la nostra malattia. La speranza in qualche membro del gruppo svanisce.  I tempi sembrano troppo lunghi. Poi a novembre  2018 Sarepta annuncia che sono stati trattati i primi tre ragazzi  e l’entusiasmo nel gruppo sale alle stelle.

2019 LA SVOLTA

A  febbraio 2019 Sarepta pubblica ottimi risultati preliminari sui primi 3 pazienti trattati e decide di acquisire anticipatamente Myonexus.

Ora il GFB è più tranquillo, consapevole che la società Sarepta porterà a termine il progetto di terapia genica per tutti i pazienti. L’associazione, in questo momento, non ha comunque tempo da perdere per riposare, da luglio 2018 sta lavorando alla creazione di un registro pazienti del GFB Onlus, per dar modo ai pazienti di partecipare a tutte le sperimentazioni future.

 

Talamona, 17 marzo 2019

Beatrice Vola e Marco Perlini